Da professionereporter.eu

La notizia di Ilaria Salis, in catene nelle carceri ungheresi, era nota almeno dalla fine di novembre. Ma ci ha messo due mesi a ”esplodere”. Segno che talvolta le cose non contano per se stesse, ma per una serie di altre circostanze. Politiche o mediatiche. 

Il 1° febbraio Francesca Brunati, trent’anni di cronaca giudiziaria di Milano, con Giornale, Voce e ora Ansa, ha scritto su Facebook: «Questo post è dedicato a chi si fregia di aver fatto lo scoop e a chi vende esclusive in tv. Qui ci sono in gioco dei diritti fondamentali e una donna dimenticata per mesi da tutti. C’è da fare una seria riflessione e non gli scoop, per altro farlocchi».

Il 29 novembre 2023 Brunati metteva in rete Ansa due lanci, intitolati “Anarchica in cella a Budapest, ‘guinzaglio’ ai polsi e topi’”. Il primo take cominciava così: «Detenuti al ‘guinzaglio’, obbligo di guardare il muro durante le soste nei corridoi, ‘malnutrizione’, scarafaggi, topi e cimici ‘nelle celle e nei corridoi’, ‘una sola ora di aria al giorno’. È la descrizione delle condizioni carcerarie in Ungheria contenuta in una lettera inviata ai suoi legali milanesi, Eugenio Losco e Mauro Straini, da Ilaria Salis, la militante anarchica milanese arrestata lo scorso febbraio a Budapest per lesioni nei confronti di alcuni esponenti dell’estrema destra durante una contromanifestazione».

La missiva, 18 pagine scritte a mano, era stata depositata alla Corte d’Appello di Milano dai difensori per chiedere di non dare esecuzione al mandato d’arresto europeo, e quindi al trasferimento in un penitenziario ungherese, di Gabriele Marchesi, indagato assume ad Ilaria Salis e arrestato in Italia. Ilaria Salis denunciava: «Per più di 6 mesi non ho potuto comunicare con la mia famiglia, sono stata costretta a indossare, in occasione dell’interrogatorio, avvenuto senza avvocato, vestiti sporchi, malconci e puzzolenti».

Oltre alla mancata fornitura, al suo arrivo nel penitenziario, del «pacco con articoli per l’igiene personale» e al carrello che «passa per la colazione e per il pranzo ma non per la cena» che, a suo dire, dimostra un «problema di malnutrizione», nella missiva, spedita al Consolato d’Italia a Budapest, poi consegnata in copia all’avvocato Losco, si denuncia che i detenuti sono al “guinzaglio”.

Durante la loro traduzione «oltre alle manette qui ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette. Anche i piedi sono legati tra loro: intorno alle caviglie – prosegue – mettono due cavigliere di cuoio chiuse con due lucchetti e unite tra loro da una catena lunga circa 25 cm. Poi mettono un’ulteriore manetta a un solo polso, a cui è  fissato un guinzaglio di cuoio che all’altezza dell’estremità è tenuto in mano dall’agente della scorta. […] Legata così  ho dovuto scendere diversi piani di scale. Si rimane legati così  per tutta la durata dell’udienza e sono rimasta così legata anche per tutta la durata dell’esame dell’antropologo».

«Per Ilaria Salis – concludeva il lancio Ansa di Brunati – il processo comincerà a Budapest il prossimo 29 gennaio».

La notizia data dall’Ansa era stata preceduta il 24 novembre da un pezzo sul Manifesto (“Aggredirono i neonazisti, italiani nei guai in Ungheria”) e lo stesso giorno sull’Unità. Più avanti è arrivata una inchiesta a fumetti di Zerocalcare su Internazionale (“In fondo al pozzo. Una storia di nazisti, galera e responsabilità”), sono arrivati Fabio Tonacci su la Repubblica prima di Natale e Corrado Formigli a Piazza pulita su La7 a metà gennaio. E pian piano il caso è finito su tutte le prime pagine.

(Nella foto: Francesca Brunati)

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