Da Inpginotizie.it

Con riferimento a quanto illustrato dalla Corte dei Conti nella relazione annuale riferita all’esercizio 2021 dell’INPGI, l’Istituto ha ritenuto opportuno formulare alcune considerazioni al fine di fornire un contributo per meglio approfondire alcune questioni.

In particolare, è stato espresso apprezzamento per il fatto che la Corte abbia esaustivamente esposto gli elementi che hanno determinato lo stato di squilibrio finanziario della Gestione Previdenziale sostitutiva dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (Ago), correttamente individuati nelle sottostanti dinamiche legate all’andamento involutivo dell’occupazione giornalistica, derivante sia del perdurare dello stato di crisi del settore dell’editoria e dell’informazione che dalle trasformazioni in atto nell’ambito della professione, nonché al contestuale incremento della platea dei pensionati.

In relazione, altresì, ad alcuni elementi di criticità esposti nella relazione, sono stati forniti elementi di riflessione al fine di consentire un più approfondito inquadramento delle relative tematiche.

Per quanto attiene, in particolare, alle osservazioni relative al sovradimensionamento della struttura di governance rispetto ai nuovi ambiti previdenziali gestiti dall’ente, è appena il caso di accennare al fatto che nell’esercizio esaminato – e fino a quando non interverranno le opportune modifiche – la compagine degli Organi di amministrazione è ovviamente conforme a quanto tassativamente stabilito dalle disposizioni statuarie vigenti, il cui processo di adeguamento – ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 234/2021 – è attualmente in corso di completamento ed è gestito, come è noto, dal Commissario “ad acta” all’uopo nominato dai Ministeri vigilanti.

In ordine, invece, agli aspetti inerenti alla durata dell’incarico dell’attuale Direttore Generale, è stato sottolineato che il rapporto giuridico in virtù del quale tale incarico è stato conferito – vale a dire nell’ambito di un contratto di lavoro dirigenziale a tempo indeterminato di natura privata, stante l’assoluta estraneità del rapporto di lavoro in oggetto, come è noto, dal perimetro di applicazione delle norme in materia di assegnazione di incarichi dirigenziali previste per il settore del pubblico impiego di cui al Dlgs n. 165/2001 – non è soggetto, per sua natura, a scadenza.

Pertanto, non si verte – nella fattispecie – in una situazione nella quale si sia assistito ad una reiterata successione di incarichi nel tempo al medesimo soggetto (il che, seppur legittimo, potrebbe far eventualmente riflettere sull’opportunità, sul piano strettamente politico-gestionale, di valutare l’adozione, su base del tutto volontaristica, di un criterio di “rotazione” o avvicendamento) ma, più semplicemente, il contesto giuridico configurato dall’Istituto è strutturato sulla base di un assetto organizzativo in cui la funzione di vertice dirigenziale – assegnata a tempo indeterminato – prosegue in via ordinaria, salvo l’eventuale sopravvenienza di eventi “patologici” del rapporto fiduciario in essere tra l’organo di amministrazione e il soggetto che ricopre la predetta funzione tali da giustificarne l’interruzione.

Tale scelta risponde ad un assetto che l’Istituto ha sempre seguito anche nel passato ed è ispirata al principio della valorizzazione delle competenze e del legame di fidelizzazione del vertice della struttura amministrativa, nell’ottica di assicurare continuità organizzativa nella gestione degli uffici dell’ente al fine di massimizzarne l’efficienza e l’economicità del relativo funzionamento, in un contesto settoriale del tutto peculiare nell’attuazione dell’azione amministrativa quale è quello della previdenza obbligatoria privatizzata.

Per quanto attiene, inoltre, alle considerazioni svolte dalla Corte in relazione al costo del personale – con riferimento, in particolare, all’asserito aumento del costo medio – si è fatto presente che tale voce di costo è stata oggetto, nel corso degli anni, di un costante monitoraggio ed attenzione, proprio al fine di adottare una politica di contenimento che ha determinato – come ammesso dalla stessa Corte – risultati significativi.

È noto, infatti, che l’elemento di costo in esame è contraddistinto – per sua natura – non solo da una rigidità derivante dall’incomprimibilità giuridica dei trattamenti retributivi fissati dalla legge e dalla contrattazione collettiva, quanto, piuttosto, da una dinamica di costante crescita legata sia ai rinnovi stipendiali dei contratti collettivi di lavoro che ai cicli di progressione naturale delle carriere.

L’unico fattore sul quale poter incidere per realizzare una inversione di tendenza dell’andamento delle spese del personale è quindi – ovviamente – costituito dalla possibilità di adottare misure di riorganizzazione e razionalizzazione dei processi e dei relativi carichi lavorativi che consentano di mantenere adeguati livelli di qualità ed efficienza dei servizi resi, pur riducendo il numero dei dipendenti.

Ed è proprio in tale direzione che si sono concentrate le misure organizzative adottate dall’Istituto, che ha ridotto progressivamente nel corso del tempo il numero del personale in forza ricorrendo a strumenti non traumatici quali  essenzialmente – il blocco del c.d. “turn over” in occasione della cessazione per pensionamento dei rapporti di lavoro in essere. Il dato è particolarmente significativo, posto che il personale a fine 2021 ( e quindi prima del passaggio all’INPS del contingente di 93 unità, verificatosi nel novembre del 2022) era sceso a 180 unità (dalle 203 unità del 2017). E a rimarcare ulteriormente l’efficacia dell’azione di riorganizzazione di processi e risorse ritengo opportuno sottolineare che questo percorso à stato realizzato senza esternalizzare alcuna funzione o attività presso soggetti terzi, vale a dire mantenendo invariati – ed anzi sviluppando ulteriormente – le attività e i servizi resi agli iscritti.

In tale contesto di contrazione delle unità di personale, quindi, è evidentemente fisiologico che il valore di calcolo del “costo medio” risulti in leggero aumento, posto che – alle considerazioni già sopra evidenziate circa le dinamiche obbligatorie di crescita stipendiale – si aggiungono quelle inevitabili, sul piano statistico, inerenti la più elevata incidenza delle retribuzioni dei ruoli apicali al venir meno – senza sostituzione – di unità che percepivano un reddito inferiore.

Infine, è stato evidenziato che – come riportato nell’apposita sezione “trasparenza” del sito istituzionale dell’ente riservata alla pubblicazione obbligatoria delle informazioni afferenti gli incarichi e le consulenze esterne – nell’esercizio in esame – in linea con gli anni pregressi – l’Istituto aveva in essere un limitato numero di consulenze (solo 4) riferite alle funzioni attuariali (che richiedono l’affidamento ad un professionista iscritto nel relativo registro) alla consulenza fiscale e legale (relativa a specifiche fattispecie) e a quella – prevista sulla base della normativa regolamentare – inerente la valutazione indipendente del tasso di rischio del portafoglio di investimento (risk management).

Al di fuori di tali ristretti ambiti (caratterizzati da specifici e qualificati livelli di competenze professionali) l’INPGI non ha assegnato altri incarichi esterni, operando nel più scrupoloso rispetto di quanto stabilito dal c.d. “Codice Appalti” per quanto riguarda il reperimento dei beni e servizi strumentali al proprio funzionamento. A tale proposito, si è ritenuto opportuno evidenziare – a proposito dell’osservazione riferita al preponderante utilizzo dello strumento giuridico dell’affidamento diretto per l’assegnazione dei contratti – che l’ente, in adesione alle linee guida ANAC (che richiamano le stazioni appaltanti a non adottare procedure ultronee ed inutilmente ridondanti se non in presenza di motivate eccezioni) e ai principi di razionalità e speditezza delle operazioni legate all’attività contrattuale, ha sempre fatto ricorso agli strumenti e alle procedure stabilite dal citato “Codice Appalti” quali appropriate e predefinite in funzione dei parametri costituiti dalle classi o “soglie” di valore delle forniture o dei servizi da acquisire.

Ed è proprio per effetto del valore esiguo di tali contratti che – in attuazione dei predetti principi – il numero delle procedure di affidamento diretto risulta correttamente preponderante rispetto alle altre modalità di aggiudicazione.

Peraltro, l’efficacia di tale gestione – in adesione ad una generale politica di attenzione al contenimento dei costi e alla razionalizzazione dell’efficienza delle risorse – è di fatto comprovata dai dati relativi alla costante contrazione delle spese per l’acquisizione dei beni e servizi strumentali al funzionamento dell’Istituto.

Infine risulta evidente che – per una svista materiale – l’importo medio dei trattamenti pensionistici riportato nella relazione, pari a 2.263,00 euro, è riferito non al dato mensile ma a quello annuale.

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