La crisi dell’Inpgi è la crisi del settore dell’editoria. I motivi del suo sbilancio vanno ricercati in un mercato del lavoro giornalistico sempre più debole, sempre più frammentato, sempre più incerto. Con monte stipendi drasticamente crollato. Senza lavoro non ci può essere previdenza.

Dal 2009 al 2019, cioè da quando i prepensionamenti sono a carico dello Stato, l’Inpgi ha avuto 1121 casi, persone che prima di andare in pensione avevano una retribuzione media di 95mila euro e che sono uscite dal mondo del lavoro: in questi dieci anni, dal 2009 al 2019 l’Inpgi ha incassato 167 milioni di contributi in meno.

Dal 2014 al 2019  sono state 408 le aziende che hanno utilizzato la Cigs per una spesa totale, a carico dell’Inpgi, di 20,5 milioni a cui vanno aggiunti contributi figurativi per 46 milioni. Negli stessi cinque anni ci sono state 394 aziende che hanno utilizzato la solidarietà per una spesa totale di 61,3 milioni più 68,2 milioni di contributi figurativi.

Sono circa 7.000 ogni anno i colleghi che vengono tutelati con gli ammortizzatori sociali.

Nel 2019 l’Inpgi ha chiuso con uno sbilancio di 169,14 milioni. Il rapporto per le prestazioni Ivs

(cioè invalidità, vecchiaia, superstiti) e le entrate per contributi Ivs correnti nel 2019 è stato del 161,72%.  Il rapporto tra il totale della spesa per prestazioni e le entrate contributive complessive è del 143,34% : ogni 100 euro incassati l’Inpgi ne spende 143 per l’assistenza ai suoi iscritti.

Fonte: https://assostamparegionali.wordpress.com/2020/01/18/controcorrente-inpgi-in-pillole-3-la-crisi-dellinpgi-e-la-crisi-del-lavoro/

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